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Sito denuclearizzato

1 novembre 2007

SIBARI HA LA SUA ANTENNA DI TELEFONIA MOBILE - LA VICENDA

Di seguito sono riportati due articoli usciti sul quotidiano La Provincia Cosentina, pubblicati uno in luglio 2004 l’altro in aprile 2005, entrambi sulla controversa vicenda dell’antenna di via Plutarco. Gli articoli sono di Giampaolo Iacobini.



Sibari - Sequestrata l’antenna della discordia
Sequestrata l’antenna telefonica della discordia: i cittadini vincono la battaglia, ma la società proprietaria dell’impianto preannuncia ricorso al Tribunale del riesame.
I cittadini di Sibari le avevano detto di no fin dal primo momento. Troppo fresco il ricordo di una vita passata sotto i tralicci dell’alta tensione per accedere al rischio, anche minimo o quasi nullo, di convivere con un’altra fonte generatrice di onde elettromagnetiche.
Lei, l’antenna piazzata sul tetto di una casa del centro servizi, nel cuore del paese, se n’era rimasta indifferente, forte di tutte le autorizzazioni richieste dalla legge, in attesa d’essere attivata per dispensare a tutti i suoi servigi, ovvero le comodità legate ai telefonini di terza generazione. Il giorno del battesimo, però, s’allontana ora di colpo. L’antenna è stata infatti posta sotto sequestro, ieri mattina, dalla Procura della Repubblica di Castrovillari.
Cronache sibarite. A metà maggio arrivano in paese i tecnici della “H3G spa”. La società telefonica, nota al grande pubblico semplicemente col nome “Tre”, installa un proprio impianto sul tetto di un’abitazione di via Plutarco. Obiettivo: allargare la copertura del servizio offerto ai clienti innamorati dei telefoni mobili di terza generazione, in grado di coniugare audio e video in un solo verbo, videochiamare. Nelle città vicine, in particolare a Corigliano e Rossano, le novità del catalogo Tre sono realtà già da tempo. La rete funziona, e bene. Tocca a Sibari. Le carte recano i timbri giusti: c’è l’autorizzazione dell’Arpacal, non manca la concessione edilizia rilasciata dal Comune di Cassano. Quando tuttavia l’antenna destinata a servire la Piana spunta in cielo, in terra nasce la protesta. Non si contesta la tecnologia, ma la scelta di posizionare l’impianto nel bel mezzo delle case. Al centro di un simbolico cerchio nel cui raggio, pari a poche decine di metri, si concentrano scuole, chiese, uffici pubblici, case di cura, parchi. Rifondazione comunista solleva il caso politico, i bambini di scuole medie ed elementari attribuiscono alla vicenda i contorni di una questione sociale. I loro genitori, invece, si rivolgono alla magistratura. La denuncia finisce sul tavolo del sostituto procuratore Baldo Pisani. Che dopo accurate indagini, decreta: quell’antenna va sequestrata. Il primo giorno di luglio i Carabinieri della stazione di Sibari, agli ordini del maresciallo Riziero Tresso, eseguono. Indiscrezioni: l’impianto sarebbe stato sigillato perché sorto sulla base di una normativa, la cosiddetta legge Gasparri, dichiarata parzialmente incostituzionale da una recente sentenza della Corte Costituzionale. Il provvedimento sarebbe stato notificato ai legali rappresentanti della H3G spa, con sede nelle Puglie, i quali avrebbero già manifestato la ferma intenzione di ricorrere al Tribunale del riesame, nell’arco dei prossimi dieci giorni, per sentir dichiarare l’annullamento del decreto di sequestro.
Storie da Tribunali, che potrebbero far testo per l’Italia intera. Sibari, intanto, attende vigile. Intenzionata a non mollare. (Fonte: La Provincia Cosentina del 12 luglio 2004 - Gianpaolo Iacobini)

Sibari - Antenna della discordia: la Procura dissequestra l’impianto di via Plutarco ma ne impone il trasferimento in altra sede.
L’antenna di via Plutarco non è più un corpo del reato: la Procura di Castrovillari ne ha disposto la restituzione ai legittimi proprietari, ma con l’obbligo di trasferirla altrove. Per la precisione, in una zona dove le sue onde non possano nuocere, in alcun modo, alla salute umana.
Genesi d’una notizia filtrata dall’impenetrabile muro del riserbo istruttorio. Si comincia da
lontano. Da quando, nel giugno del 2004, la Procura di Castrovillari raccoglie l’appello di
decine di bimbi sibariti. Segnalano, quei fanciulli, i presunti rischi riconnessi
all’attivazione di un impianto di telefonia mobile di terza generazione, già installato sulle loro teste, sui tetti d’un palazzo di via Plutarco, in mezzo a case, scuole, piazze, chiesa e clinica. L’inchiesta finisce sul tavolo del sostituto procuratore Baldo Pisani. Le indagini portano al sequestro dell’impianto. Reato ipotizzato: getto pericoloso di cose. Punito dal codice penale con una modesta ammenda o, in alternativa, l’arresto fino ad un mese. Accertamenti e controlli proseguono per mesi. A febbraio, la svolta: il perito nominato dalla Procura compie misurazioni e rilevamenti diretti a verificare l’incidenza dell’antenna sui campi elettromagnetici della zona. La relazione viene quindi consegnata al magistrato inquirente. Che decide. Cosa? Quel che i Carabinieri della Tenenza di Cassano, agli ordini del tenente Giorgio Feola, eseguono nel pomeriggio di mercoledì scorso.
Discreti e guardinghi, gli uomini dell’Arma salgono le scale del palazzo di via Plutarco e
tolgono i sigilli all’impianto telefonico. Contestualmente, notificano ai proprietari dello
stesso l’ordinanza siglata dal pubblico ministero Pisani. Come altre volte nel recente passato in altre note vicende giudiziarie, come già nei casi del canale Stombi e del villaggio di Marina di Sibari, è un provvedimento di restituzione con imposizione di prescrizioni. Tecnicamente, l’antenna della discordia non è più un corpo del reato. Dissequestrata, viene riconsegnata ai suoi legittimi possessori. Che non potranno tuttavia utilizzarla a proprio piacimento né, men che meno, metterla in funzione. Restano infatti da rispettare le prescrizioni dettate al riguardo, da adempiere in un termine ben preciso: sessanta
giorni. L’antenna, ordina la Procura, va spostata. Poiché ritenuta all’evidenza potenzialmente pericolosa per la salute umana, va sistemata in un luogo diverso. Ad una distanza di sicurezza da “un’area sensibile”, costellata di luoghi pubblici frequentati da adulti e, soprattutto, bambini. Non è tutto: stando alle indiscrezioni filtrate dagli ambienti investigativi, le indagini avrebbero consentito d’appurare la mancanza, tra i documenti propedeutici all’entrata in funzione dell’impianto, delle valutazioni d’impatto acustico ed ambientale. Andranno effettuate ed allegate agli atti anch’esse nell’arco dei prossimi due mesi. Altrimenti, come altre volte nel recente passato in altre note vicende giudiziarie, pure l’antenna della discordia potrebbe ritornare ad essere un corpo del reato.(Fonte: La Provincia Cosentina dell’8 aprile 2005 - Gianpaolo Iacobini)