Quello del caviale, ottenuto da alcune specie di storione sotto tutela, è, infatti, uno dei traffici illeciti di specie protette e di loro derivati che più preoccupano gli organismi di controllo: per ogni chilogrammo di caviale legalmente venduto, ne finirebbero ben 9 sul mercato nero con prezzi che oscillano da 50.000 a 250.000 euro a chilogrammo.
Computer e monitor da rottamare, invece, alimenterebbero un florido traffico di rifiuti hi-tech che dai Paesi industrializzati, Stati Uniti in testa, finirebbero in Asia, in particolare in Pakistan, India e Cina. Sempre la Cina, del resto, attraverso il porto di Hong Kong sarebbe stata la meta di altri rifiuti, più “banalmente” residui plastici, raccolti in Italia. E ancora l’Asia avrebbe preso il posto dell’Europa come meta finale del commercio illecito di avorio.
Questi gli scenari di ecocriminalità “globale” descritti per nel Rapporto Ecomafia di Legambiente. Una caratteristica comune a queste attività illecite (traffici di rifiuti, di specie protette e loro derivati, di opere d’arte e beni archeologici) è l’assoluto rilievo del giro d’affari che garantiscono:
circa 5 miliardi di euro l’anno quelli “garantiti” dal commercio di specie protette;
altri 5-6 miliardi di euro l’anno per quanto riguarda il mercato illecito di opere d’arte e reperti archeologici;
tra i 12 e i 15 miliardi di euro, infine, accumulati ogni anno con il traffici di rifiuti pericolosi, secondo le stime elaborate dal National Intelligence Council americano.
Non mancano, purtroppo, le novità, oltre a quelle già segnalate: alle tradizionali rotte Nord-sud (sfruttate in entrambi le direzioni, con i rifiuti che viaggiano dai Paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo, le specie protette e i reperti archeologici che seguono, spesso, l’itinerario inverso), si sono aggiunte, infatti, quelle Est-Ovest. L’apertura dei mercati europei, infatti, ha innescato una sorta di “integrazione” criminale: sia per quanto riguarda i traffici illegali di specie protette, sia per quanto riguarda le opere d’arte è ormai evidente l’esistenza di vere e proprie organizzazioni dedicate al saccheggio delle risorse naturali, storiche e artistiche dei paesi dell’Est. Si va dagli uccelli catturati a migliaia in Ungheria e surgelati per essere rivenduti in Italia agli appassionati di “polenta e osei” (un camion che ne trasportava circa 12.000 è stato intercettato nel novembre scorso a una dogana tra Ungheria e Croazia) alle opere d’arte trafugate in Cecenia, dal museo di Grozny e ritrovate a Londra, poco prima di essere battute” ad un’asta da Sotheby.
(Fonte: Legambiente / Rapporto Ecomafia)