Ecomafie, criminalità ambientale e traffici illeciti: sono più o meno sempre queste, da qualche anno a questa parte, le parole d’ordine che compaiono puntualmente nelle cronache italiane quando si parla dello smaltimento illegale di rifiuti.
Parole poco rassicuranti che però rendono bene l’idea di un settore, quello della gestione dei rifiuti, anche pericolosi, che è da molti anni in un imbarazzante caos. E in molte aree d’Italia, c’è la morsa della criminalità organizzata spesso alimentata dall’eccessiva leggerezza di imprenditori furbi, che affidano i loro rifiuti a operatori a dir poco improbabili. Non a caso, la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti nella “Relazione finale al Parlamento” sollecita gli organi del Ministero dell’Ambiente e del Ministero dell’Industria affinché procedano ad un’ampia e stringente indagine sui rifiuti speciali, la loro quantità complessiva, i loro flussi, le loro modalità di smaltimento secondo le tipologie e l’accertamento delle quantità realmente smaltite e/o recuperate, con particolare attenzione ai rifiuti pericolosi.
Il quadro descritto nella Relazione è allarmante.
In taluni distretti la situazione si presenta grave riguardo alle violazioni della normativa sullo smaltimento dei rifiuti e, gli illeciti ed i traffici, sono anche transfrontalieri. L’Italia continua ad essere percorsa in lungo e largo da Tir pieni di rifiuti speciali, spesso pericolosi, smaltiti in cave dismesse o in discariche improvvisate ma anche in terreni o aziende agricole e in impianti di produzione di laterizi. Diversi milioni di tonnellate di veleni che dalle arre industriali del Nord Italia finiscono “tombati” nei terreni di mezza Italia: nel casertano ma anche in altre regioni, come l’Umbria o la Sardegna.
Imprenditori, faccendieri e mediatori sono attivamente impegnati nell’organizzazione del traffico illecito, dal Nord al Centro-Sud d’Italia, di rifiuti speciali e pericolosi.
C’è poi il traffico, anomalo, di numerosissimi vagoni ferroviari pieni zeppi di rifiuti sanitari per tutta Italia: 37 vagoni a Foggia, 10 a Falconara (An), 50 a Bologna e 17 a Forlì (secondo i dati relativi ai sequestri operati dalle forze dell’ordine). Un girovagare pericoloso di rifiuti speciali, anche infettivi, provenienti da mezza Italia e diretti all’inceneritore di San Nicola di Melfi (Pz) (…che, però, deve smaltire solo i rifiuti prodotti in regione!).
La gestione illecita del ciclo dei rifiuti interessa anche gli appalti dei rifiuti urbani che, nella maggior parte dei casi, risultano gestiti da presunti affiliati alle consorterie mafiose. Con la privatizzazione dei servizi ambientali, lo smaltimento dei rifiuti soldi urbani è divenuto un business da mezzo miliardo l’anno, gestito in regime di monopolio dalla criminalità organizzata in molte aree del Paese.
Ma uno dei nuovi business del futuro per la criminalità ambientale riguarda le bonifiche dei siti contaminati. In questo ambito gli interessi economici dell’ecomafia traggono giovamento sia dalle situazioni di emergenza, rendendo disponibili aree per lo stoccaggio temporaneo, sia dalle attività ordinarie incuneandosi nel meccanismo dei lucrosi appalti che conseguono alle operazioni di bonifica dei siti contaminati, al trasporto e allo smaltimento. Del resto quando arrivano i finanziamenti su importanti opere pubbliche, il rischio di infiltrazione negli appalti da parte del crimine organizzato è sempre alto. E, dove c’è il rischio di infiltrazione mafiosa, dopo i disastri ambientali procurati dall’ecomafia e dalla criminalità ambientale, i soldi pubblici rischiano di finire nelle tasche dei “soliti noti” (…così al danno segue la beffa!).
Concludo con la stima del mercato illegale relativo alla gestione dei rifiuti: 2,6 miliardi di euro l’anno, un’autentica vergogna che minaccia la sicurezza ambientale del nostro Paese e la salute di molti cittadini.
(Fonte: Legambiente / Rapporto Ecomafia)
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